Nono libro dell’instancabile scrittore trentino, “Il Granduca” è un romanzo dalla trama a tinte gialle, che ruota attorno ad un piccolo crocifisso con strane incisioni runiche, ad un’altrettanto arcana iscrizione ritrovata sulle pietre dei ruderi di un antico castello, e ad una misteriosa cassettina nascosta fra le radici di una vecchia quercia.
Ma la soluzione del mistero andrà ben oltre la chiave per sciogliere l’enigma proposto dalla vicenda, e si rivelerà essere, per il protagonista Luino, la conquista di una dimensione interiore sconfinata, in qualche modo sovra-umana. Il premio che spetterà al protagonista infatti, dopo aver superato le prove propostegli dall’esistenza, sarà la rinuncia ad ogni piccolo confine umano, per dissolversi infine nell’immensità del tutto.
E, sullo sfondo, la montagna. Luogo di profondi contrasti, vita e morte, estrema bellezza e pericolo mortale, che si rivelano essere, all’occhio che sa ben guardare, le due facce della stessa medaglia: un tutto unico che pulsa e fluttua fra polarità opposte, rimanendo pur sempre in equilibrio perfetto. Le due metà del Tao.
“Da sei ore si stava cimentando in quella prova d’ardimento, agognata per tutta la vita; la tensione era davvero grande e il corpo sembrava rispondere a una volontà sconosciuta, proveniente dall’esterno, che sollecitava fino allo spasmo le fibre muscolari. Inoltre, a intervalli, la sua coscienza scompariva ed era sostituita da uno stato alterato di percezione che seguiva i voleri di uno spirito indefinibile, e rendeva Luino immemore di ogni cosa. Troppe sensazioni, difficili da sopportare per un essere umano, stavano convergendo su quella vetta; era necessario muoversi, il tempo disponibile stava per scadere, e guai a farsi sorprendere lassù dal tramonto. Affrontare immediatamente l’impresa, o tornare velocemente in basso, null’altro v’era da fare, giacché l’esperienza mistica, così sublime, non propendeva alla contemplazione, bensì richiedeva l’azione.” |